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Stupirsi con i Mirari! - Intervista

Data di pubblicazione 17/07/2019


 

Che cos’è Mirari e da dove viene il nome?


Volevamo mettere insieme gusti, idee, tumulti interiori di ognuno di noi e farli convergere in unico grande progetto pop elettronico, che ci piace definire come il risvolto musicale delle nostre anime.
Mirari è una parola latina e significa “stupirsi”, “meravigliarsi”, ma anche “guardarsi dentro”, “osservarsi” (è all’origine del termine mirror).

Quando e come è nato il progetto?


Alla fine del 2017 io e Fede ci siamo messi in testa di creare qualcosa insieme, eravamo affascinati dall’idea di proiettare la nostra dimensione di coppia anche nella musica. Dopo aver buttato giù le prime idee in produzione abbiamo pensato di coinvolgere Anton (che precedentemente è stato il batterista di Fede in altri progetti), per la sua grande tecnica e flessibilità sullo strumento, elementi necessari in un genere come il nostro.
Dopo le prime sessioni di prova in studio abbiamo trovato l’alchimia giusta per inserire registrazioni di batteria acustica poi processate in modo complementare all’interno dell’arrangiamento.

Come nasce un vostro pezzo?


Dipende, non abbiamo un unico modo per scrivere, ci siamo ritrovati a creare partendo dalla musica, ma anche dal testo. Quello che ti posso dire è che c’è sempre un costante legame tra parole e musica; suoni e voce vanno spesso a braccetto con il concetto che vogliamo esprimere. La particolarità dell’elettronica è che hai infinite possibilità di ricerca, sia a livello di creazione del suono, sia a livello di struttura: è un continuo work in progress (addirittura a volte proprio durante il live) puoi cambiare gli elementi in corso d’opera sulla base del mood o del contesto.
In più è davvero stimolante lavorare insieme a Fede, mi piace un sacco la sinergia che c’è fra di noi; vivendo insieme è bello ritagliarci momenti della nostra giornata per creare. Ed è incredibile il fatto che si possano ancora scoprire tante nuove sfaccettature l’uno dell’altra, davvero affascinante.

Quali tematiche trattate e a cosa vi ispirate?


Come ti dicevo prima Mirari vuol dire anche “osservarsi”. La nostra esistenza è la somma tra ciò che ci accade intorno e ciò che abbiamo dentro, è un legame imprescindibile che non si può trascurare mai. Si può cambiare dentro e fuori, l’importante è non rimanere mai passivi. Al giorno d’oggi ci sono un sacco di situazioni che ti fanno capire che è giusto guardarsi allo specchio e farsi due domande, prendi il climate change. “The Call”, ad esempio, parla proprio di quello: è un risveglio che nasce nell’io più profondo di colui che è disposto a mettersi in discussione, a guardare con occhio critico, anche a costo di star male. E’ ora di svegliarsi, non c’è più tempo per far finta di niente.

A quale pubblico vi rivolgete?


A chiunque abbia voglia di immaginare, sognare, trasformarsi. I nostri brani sono come dei quadri, davanti ai quali l’ascoltatore ha libera interpretazione. Vogliamo stimolare la sensibilità di chi ci ascolta.

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il vostro sound?


Ci piacciono gli artisti che mirano a costruire immaginari e spazi sonori, magari con una bella ricerca dei suoni. Prendi i Royksopp ad esempio, direi che loro sono l’esempio perfetto. O Jon Hopkins, con le sue atmosfere intense. Però c’è anche da dire che il nostro percorso da ascoltatori ha toccato negli anni tantissime tappe, siamo cresciuti con tante cose nelle orecchie, come metal, punk e rock'n'roll e siamo la sintesi di tutto questo.

Quanto conta per voi la dimensione live?


Il palco ti mette in diretto contatto con chi ti ascolta, tu respiri il pubblico e il pubblico respira te, se ci pensi è sempre una scuola infallibile. Da un’esibizione live ricevi tanto, perché capisci dove puoi andarti migliorare, ma vedi anche che cosa è efficace nella comunicazione. In più la tensione da live ti mantiene vivo, l’adrenalina ti dà la carica.

Che cosa ne pensate dell’attuale scena elettronica?


Parliamo di un genere talmente vasto, praticamente infinito, che permette continue ricerche. Ci piace molto il sound scandinavo, ma trovi situazioni interessanti anche in America, Gran Bretagna, Germania, e non solo. In Italia si potrebbe fare di più, diciamo che ci sono ancora molte carte da scoprire. Noi abbiamo scelto di scrivere in inglese in funzione di un mercato internazionale, per di più è una lingua che si sposa perfettamente con le nostre sonorità e metriche di riferimento.

Come e quando siete entrati in contatto con Miraloop?


Abbiamo conosciuto Miraloop a Maggio del 2019. Cercavamo un’etichetta open minded, in grado di capire la nostra sperimentazione e il tipo di percorso che intendevamo affrontare. In Miraloop si sono da subito dimostrati aperti e disponibili a lavorare con noi, capendo alla perfezione ciò che vogliamo comunicare e lasciando ampio spazio alle nostre scelte artistiche. Per noi era fondamentale avere un aiuto concreto che però non andasse a stravolgere il nostro concept.
Speriamo che dopo di noi molti altri progetti simili vorranno unirsi per creare una reale scena electro pop italiana.

Che cosa avete in programma prossimamente?


A brevissimo uscirà un doppio singolo con i brani “The Call” e “All Falls Down”, due pezzi diametralmente opposti, una sorta di “alfa e omega” che definiscono l’inizio del nostro viaggio musicale. In parallelo faremo anche uscire il video ufficiale di “The Call”. Abbiamo voluto lavorare molto sull’impatto visivo, ma non vogliamo anticiparvi nulla, lasciamo a voi la sorpresa!







           

 




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