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Chi è Anna Voig: l'intervista (parte 1)

Data di pubblicazione 15/06/2018


Ed eccoci qua con Giovanna in arte Anna Voig: Wonder woman 2.0? Fai tante cose. Le mostre di fotografia, i servizi fotografici, la musica, l'insegnamento della filosofia, come vivi questa multipotenzialità?

Ciao a tutti! Wonderwoman dite? Mmmh… Forse più che in Wonderwoman, mi vedo in Sheila del gruppo Occhi di Gatto, avete presente? Lei rubava in squadra assieme alle sorelle, per tornare in possesso delle opere d’arte sottratte al padre… Io come lei cerco di rubare … Ma solo qualche emozione nelle persone che mi ascoltano. Anche perché poi mio padre non ha opere d’arte da riscattare!

Ad ogni modo, Sheila o no, sono sempre stata attratta dall’arte, in tutte le sue forme e declinazioni, fin da quando a poco più di 3 anni danzavo da sola nel salone di casa - specialmente quando non mi guardava nessuno - ascoltando gli unici cd che aveva mio padre, oltre a qualche disco di vinile di musica classica. Ricordo che con le Quattro Stagioni di Vivaldi mi esaltavo in modo particolare … Meno male che c’era il tappeto a terra …!

In quegli anni (dai 3 ai 6) mi mandavano a lezione di danza, pianoforte e tennis… Poi, date le mie caratteristiche fisiche sviluppate presto, scelsi di proseguire solo con lo sport, riuscendo a giocare per la nazionale juniores di tennis, con la quale fino ai 18 anni ho viaggiato moltissimo, ho conosciuto tantissimi posti nuovi e culture differenti, sempre accompagnata da un’amica del cuore, che non mi ha mai lasciata…

Durante i lunghi viaggi infatti, è stata sempre la musica ad amplificare i miei stati d’animo, mi caricava e mi aiutava a superare i momenti di sconforto, dal momento che vivevo lontana dalla famiglia. La musica mi ha aiutato anche con la scuola, la “utilizzavo” per imparare l’inglese, memorizzando i testi delle canzoni che mi piacevano di più, con il vocabolario in mano. Era divertente perché poi potevo mettere in pratica ciò che imparavo direttamente con gli altri ragazzini stranieri e a scuola avevo ottimi voti in pagella!

Era il periodo del boom delle boy-band, Spice Girls, BackStreet Boys ecc., ma io preferivo ascoltare Anggun o gli Evanescence, nello stesso salone in cui da piccina danzavo con Vivaldi.

Anggun mi piaceva (e mi piace) in modo particolare, specialmente quando c’erano quelle parti di brano in cui cantava nella sua lingua madre, l’indonesiano. Cercavo di riprodurre quelle parole di cui non conoscevo né il significato né come erano scritte, ascoltando attentamente il suono che avevano… Mi piaceva accendere qualche bastoncino d’incenso in quei momenti… Prima che tornasse mio padre da lavoro però, perché a lui dava fastidio quell’odore di fumo profumato..

Ad ogni modo, la paghetta mensile di quando ero piccolina era interamente utilizzata per l’acquisto di cd, sempre se mantenevo dei buoni voti a scuola, chiaramente!

Dopo questo splendido periodo sportivo, che mi ha insegnato tanto, mi sono dedicata allo studio universitario, fino alla laurea specialistica in comunicazione pubblica e d’impresa alla Statale di Milano, conclusa con una tesi di laurea sulla fotografia e sulla sua capacità di costruzione della realtà, che mi è valsa la lode.

Durante il periodo di studio milanese, per essere un pò più autonoma ho lavorato come modella per diversi servizi fotografici ma, in effetti, preferivo essere dall’altro lato della fotocamera…. Così ho approfondito lo studio della fotografia con dei corsi di specializzazione post laurea e, periodicamente, organizzo mostre fotografiche per condividere i miei scatti con il pubblico.

L’ultima mostra è stata a in Toscana, ho cercato di portare uno sguardo insolito, un pò sognante ed incantato dei luoghi in cui sono passata. Vi lascio il link delle foto della mostra, per chi avesse curiosità: https://bit.ly/2ku8O1L

Sto pensando ad una prossima mostra, anche se gli ultimi impegni di supplenza alle superiori mi lasciano meno tempo per organizzare e soprattutto per trovare la giusta ispirazione … Il giusto “incanto”.

La professoressa di filosofia, con un certo sex appeal, che si mette a nudo in campo musicale. Come ti vedono i tuoi alunni?

Ahahah!! Dunque queste prime esperienze di insegnamento mi stanno lasciando belle sensazioni.

All’inizio, non lo nego, è stato abbastanza traumatico… Avevo ricordi molto diversi della scuola e del rapporto docenti/alunni. Ora è cambiato e non poco, in linea di massima adesso a questi giovani si giustifica un pò tutto anche a livello burocratico, in un gioco al ribasso che non trovo molto sensato per la loro crescita ed educazione… Ma al di là di questa personale considerazione, sono contenta di essere riuscita a trasmettere serenità e motivazione ai ragazzi, appena mi vedono corrono ad abbracciarmi e mi raccontano di come stanno andando le interrogazioni e i loro voti.

Ho le prime e le seconde superiori, dunque ragazzi di 14/15 anni. Un giorno un alunno è venuto da me tutto euforico ed anche un pò imbarazzato, chiedendomi se fossi io quella Anna Voig che aveva visto sui social, “la cantante con quelle belle foto” (cit.) insomma mi hanno scoperto nel giro di pochi giorni!

Facendo supplenza per il sostegno, sono quasi sempre in aula assieme al docente curriculare, dunque i ragazzi vedono in me una sorta di figura di mezzo, un pò amica un pò insegnante. Credo che il fatto di essere cantante mi aiuti ad essere più “vicina” ai ragazzi. Vedo che hanno curiosità nei miei confronti e questo mi consente di avere un canale di comunicazione privilegiato con loro.

Il canto, come ci sei arrivata. Cosa insegna il canto che non insegna la filosofia?

Il canto è un’attività che è stata sempre latente in me fin da piccina. Posso dire che il mio primo “insegnate” di canto sia stato Mango. Adoravo le sue canzoni e cercavo di ricantarle al meglio che potevo. Ero piccola, ma mi emozionavano già tanto i suoi testi, che ho sempre reputato poesie messe in musica.

Poi mi sono appassionata anche ad altri artisti, chiaramente, ma in linea di massima, sono sempre stati artisti non popolarissimi… Ad esempio Giuni Russo, Leonard Cohen, Enya, Sonique, Des’ree … Il canto riesce a liberarmi dalle mie (molte) insicurezze, andando a smuovere quelle emozioni profonde che sono essenziali per il proprio benessere, anche se, come me, si ha timore a tirar fuori. Il canto è come una terapia dell’anima, è il mio psicologo di fiducia.

Canto prevalentemente per me stessa, per dare corpo alle emozioni che sento in un determinato momento. Mi convinco poi di cantare per il pubblico solo se sono abbastanza sicura di avere un buon livello di performance e di contenuto… Per rispetto di chi ascolta, per rispetto mio e soprattutto per rispetto dell’Arte …. Ho estrema riverenza nei confronti dell’Arte, non mi perdonerei mai di fare qualcosa che possa anche solo in minima parte ridicolizzarne il significato… Credo che l’Arte sia di estrema importanza per il benessere dell’animo umano ed è qualcosa di cui siamo tutti responsabili. Oggi purtroppo sono sempre meno le occasioni artistiche che regalano sensazioni di benessere ed appagamento emotivo, in tutti i campi di espressione.

Filosofi o filosofie in cui ritrovi parti del tuo pensiero

La mia classe di insegnamento in realtà è teoria e tecnica della comunicazione, che comprende anche filosofia in alcune scuole. Tuttavia, è raro riuscire da subito ad insegnare la propria materia… Quest’anno dunque ho fatto il sostegno per le materie umanistiche, di filosofia pura purtroppo ne ho potuto parlare poco, anche perché ho pochissime ore settimanali… Ad ogni modo uno dei miei esponenti preferiti rimane Adorno, specialmente nei suoi scritti inerenti alla morale e all'estetica.

Noi magari non ce ne accorgiamo, ma quando siamo circondati da cose belle, il nostro benessere cresce! È come se i codici della bellezza avessero il potere di sprigionare energia positiva che ha effetti benefici sul nostro equilibrio psico-fisico. Avete presente la Sezione Aurea o regola di Fibonacci? Ecco, non credo sia un caso se la Natura abbia operato in quella direzione. È per questo motivo che credo sia fondamentale conservare e stimolare una propria cultura estetica, che tenga conto soprattutto delle emozioni che proviamo quando dobbiamo scegliere di cosa riempire la nostra vita. Mi riferisco alle nostre scelte comportamentali, alle scelte linguistico/verbali, gli oggetti che utilizziamo, la musica che ascoltiamo, l’arte che acquistiamo (quando la acquistiamo)… Siamo sicuri che tutto ciò che scegliamo sia davvero quello che vogliamo e che ci fa star bene con noi stessi? Oppure stiamo perdendo questa capacità, accettando passivamente tutti i contenuti che ci somministrano altre volontà, esterne a noi? Questo è un punto essenziale su cui ognuno di noi dovrebbe interrogarsi, perché è lo snodo per la propria felicità, quella profonda, non quella usa e getta.

Stiamo perdendo la nostra essenza, andando sempre più verso una identità per rappresentanza, delegata ad altri… Altri che, per forza di cose, faranno di noi solamente individui standard da consumo, estremamente targhettizzabili, ma assolutamente privi di identità ed unicità propria.

Assieme all’essenza, inconsapevolmente stiamo perdendo la capacità di esprimere la nostra bellezza, soprattutto attraverso i nostri gesti ed atteggiamenti, nelle cose che facciamo ogni giorno. Abbiamo un po' perso la capacità di generare armonia con le nostre azioni e questo non aiuta di certo ad esprimere bellezza. Sottolineo l’importanza del verbo ESPRIMERE, non esibire. C’è una enorme differenza semantica.

Fosse per me insomma, a scuola farei un’intera unità didattica solo su Adorno, anche se in effetti non è proprio un autore da prima e seconda superiore... Lui oltretutto era anche un musicologo… Come potrei non esserne affascinata!

Ho sempre guardato ai musicisti come esseri magici e, per me, alcuni lo sono davvero. Li ammiro tantissimo. Vorrei nel prossimo futuro riuscire a suonare anche io bene uno strumento, per ora posso “suonare” solo attraverso la mia voce.

Cosa ha il mediterraneo che non ha la cultura anglosassone e viceversa?

Mah, in linea generale, da ciò che è la mia esperienza negli ultimi anni almeno, ho notato che da noi c’è un po' più approssimazione, più casualità… mi spiego: nella cultura anglosassone vedo maggior coordinazione in vista del raggiungimento di un obiettivo specifico, anche quando non c’è molta materia prima su cui lavorare… da noi invece ho la sensazione che sia il contrario… Non siamo capaci di “sfruttare” i talenti (tanti credo) che abbiamo.

Mi sembra come se le cose qui da noi succedessero ancora troppo per caso e, quando non succedono per caso, tipo quando sono fortemente sponsorizzate dal cosiddetto mainstream, succedono sempre le solite cose… Tranne qualche rara eccezione chiaramente.

Probabilmente questo può derivare anche dal fatto che ancora non siamo bravi a lavorare in gruppo per un progetto comune, cosa che invece nella cultura anglosassone è sviluppata molto bene. Siamo poco efficienti perché ognuno pensa di poter fare tutto da sé. È un vero peccato perché così facendo si tende ad appiattire tutta la scena, continuando a perpetrare un modello che sta abbassando di molto le nostre potenzialità espressive.

La musica che ascoltavi prima, la musica che ascolti adesso?

Come accennato poco fa, il mio primo contatto con l’energia sonora è avvenuta con la musica classica che ascoltavo sia da sola a casa, sia a scuola di danza durante le lezioni. Crescendo ho iniziato ad ascoltare di tutto, senza chiudermi in un unico genere. Seguivo l’istinto e le sensazioni, lo stato d’animo. Cosa che faccio ancora oggi.

So che probabilmente molti storceranno il naso, perché di solito avere un genere specifico di riferimento fa più figo e “professionale”, rende più sicuri di sé, più inquadrabili. Riesci anche a raccontarti meglio e sai già a quali ambienti appartieni, in quali ambienti muoverti...

Etichettarsi all’interno di un unico genere per me invece significa null’altro che autolimitarsi e questo alla lunga porta solo noia, depressione e insoddisfazione. Chissà se dipende anche da questo il fatto che sia salito così tanto il consumo di psicofarmaci soprattutto a livello giovanile, periodo in cui le sfaccettature emotive sono davvero tantissime… Mah!

Ricordo benissimo la mia prima volta in un negozio di musica per acquistare dei cd. Avevo 12 anni, comprai Elton John e gli Aqua… Avevo evidentemente già allora differenti stati d’animo da soddisfare! ????

A casa di mia nonna materna c’era sempre la radio accesa, quella a forma di cubo. Era bello sentirla canticchiare, mi dava serenità. Poi c’era mio zio Mimmo, che è stato per me un secondo papà, appassionato tra le altre cose di musica. Nei tanti e lunghi viaggi in macchina con lui si ascoltavano Baglioni, Villa, Caruso, Conte .. Nannini, Battiato e Vanoni in epoche più recenti.. Fu lui uno dei primi ad accorgersi che mi piaceva cantare e che avevo una certa attitudine.. Ed è stato lui a convincermi nel coltivare questo percorso da cantante, facendolo solo pochissimo tempo fa, in un modo che non ho potuto non prendere in considerazione.

Ascoltavo e ascolto di tutto, mi piace molto anche la musica sacra indiana… con quelle sonorità basse e gravi che mi fanno vibrare tutta la parte interna del corpo…un po’ come un’estasi… Come si fa a privarsene, mi chiedo? C’è un brano che ascolto in totale contemplazione prima di iniziare una sessione di allenamento vocale … si chiama “la Sposa” di Giuni Russo, versione live … È come entrare in una dimensione che esula dalla realtà … Riesce a mettermi in contatto con una parte di me che nella normalità non ha spazio, prendo coscienza delle mie potenzialità attraverso quelle note… Se esiste ancora qualcosa di magico nel mondo di oggi, sono convinta che questo non può essere altro che la musica.

Nell’ultimo periodo gli artisti che ascolto di più sono Lana del Rey, Melody Gardot, Rachael Yamagata, Tracy Chapman, Leonard Cohen, Gerolamo Sacco, Olivia Sellerio, oltre a quelli già citati precedentemente.

Di cosa parla E tu?

E Tu” è il mio primo brano discografico, racchiude gran parte delle emozioni più profonde, quelle che normalmente faccio fatica ad esternare perché di base cerco sempre di non far pesare nulla a nessuno anche se questo, a volte, è come un boomerang che finisce per far star male me.

Purtroppo c’è questa falsa convinzione tale per cui chi non chiede mai aiuto, chi è riservato, sia un essere che non ha bisogno di una mano… Dunque può essere lasciato a sè stesso… Tanto riesce a fare tutto anche da solo! Per questo “mi arrangio, stringo i pugni di più” … Cerco di entusiasmarmi da sola per ciò che mi rende felice. Per non parlare di come si enfatizzi questa difficoltà quando si è di aspetto gradevole… In questo caso, oltre a quanto appena detto, si aggiungono anche le sottili invidie di chi si sofferma solo alla superficialità di ciò che vede senza guardare…

Il fatto di avere sempre il sorriso non significa essere sempre felici, significa solo sollevare gli altri dalle proprie sofferenze. Si tratta di amore verso il prossimo, ma non viene capito anzi, si tende a chiedere di più.

Attraverso questo brano è come se volessi comunicare che anche io ho bisogno di alimentare i miei sogni, i miei entusiasmi, le speranze che ho tra le mani e che mi sorridono … voglio prendere consapevolezza di ciò che sono, dissipando quella nebbia che spesso mi ha tenuto distante dagli orizzonti della mia felicità.

La musica è il coraggio che mi manca e attraverso questo brano cerco di liberarmi per andare … “oltre il buio”.

CONTINUA... PARTE 2








           

 




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