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Di Staff
Data di pubblicazione 11/03/2015
Cari amici eccoci con un nuovo articolo sui rapporti tra artista e casa discografica. Se avete letto il nostro articolo "Perchè contattare una label prima di finire un progetto" avrete già imparato qualcosa di nuovo su un mondo spesso sconosciutissimo. Oggi ci addentriamo ancora di più in questo mondo navigando intorno al discorso della squadra che sta dietro una label. In poche parole, perchè NON conviene lavorare nel mondo della musica da soli. Andremo per punti, non tanto per essere didascalici ma per rendere l'articolo più chiaro possibile.
1) NON ESISTONO CASE STUDY DI SUCCESSO DISCOGRAFICO SENZA LABEL
Non parliamo di "successo" e basta, chiaramente, ma di successo discografico, ovvero del fatto che ci sono delle incisioni, dei dischi, e che girano. Il successo non-discografico non è il nostro campo e tra l'altro comprende tutte le persone famose, dai politici agli attori. Il successo discografico, invece, senza una "scena" collegata al progetto (ovvero una label collegata all'artista o agli artisti), e nel caso specifico un progetto discografico, non ha mai visto carriere solitarie senza una label dietro, e questo considerando ogni genere musicale. Dal jazz (Keith Jarret senza la ECM: possibile?) al rock (qui gli esempi si fanno migliaia) fino alla dance (qui è quasi una regola: prendete ad esempio etichette diventate vere e proprie scene artistiche come nell'Italia degli anni 90/00 la Media Records, nell'Olanda degli anni '10, la Spinnin' Records, o la Ultra negli USA, e così via).
Ora alcuni di voi stanno già pensando a casi che confuterebbero questa tesi...ma i casi sarebbero solo 2 tipi, e sono casi che escono dal discorso discografico. Primo tipo: quelli già famosi.
Appare chiaro che un'artista come Celentano in Italia o Paul McCartney in UK non abbia bisogno di una label, ora, e cioè oggi può anche fare come mossa pubblicitaria "il disco autoprodotto", vedi i Radiohead che sono sempre attenti a questo modello di business facendo finta di essere anti-business, ma la condizione che rende possibile a questi artisti questo tipo di operazioni si è creata proprio con un successo discografico iniziale.
Secondo tipo: quelli che sono venuti fuori come musicisti dal vivo
Sono fuori dal contesto tutti gli esempi di quelli che sì, ce l'hanno fatta da soli e senza label, ma come performer dal vivo, quindi senza fare dischi (che sono arrivati poi in seguito), dato che qui stiamo parlando di successo discografico, album singoli ed ep, e fare musica dal vivo NON è la stessa cosa di fare dischi. La musica dal vivo esce dal contesto discografico dato che, come sapete, uno può essere un performer incredibile senza mai aver inciso un disco o vicecersa un artista può essere un mago dei dischi che il sabato sera preferisce dipingere o andare al cinema. Gli esempi sono migliaia e se vi interessa l'argomento lo tratteremo più approfonditamente in un altro articolo di blog.
2) IL GRUPPO AUMENTA LE PROBABILITA DEL SINGOLO, CHE SONO INFINITAMENTE BASSE
Per una band o un progetto musicale che abbia raggiunto uno standard qualitativo alto il successo è possibile, ma ha scarse probabilità. Un pò come andare dal tabaccaio e giocare il supernalotto: puoi vincere, ma quanti effettivamente incassano una vincita?
Diamo un poco di numeri. Abbiamo su questo blog caricato il link per scaricare tutti i Digital Music Annual Report redatti da IFPI. In inglese, diverse pagine sui numeri della discografia digitale (dal 2010 la maggioranza del mercato discografico, in termini numerici). Date un'occhiata a questa rivista e fate caso a qualche dato che compare qua e là, ci viene in mente ad esempio l'articolo che contava i progetti discografici in giro per il mondo nell'anno 2009, per cui sarebbero stati 80 milioni i progetti rock solo negli USA trovati sul (oggi defunto) Myspace. 80 milioni, e stiamo parlando solo degli USA e solo del genere rock, è un po' come dire che se tutti dovessero fare successo, sarebbe perchè ogni persona singola ascolta una band diversa. Stiamo parlando di numeri tali da poter costituire una nazione, se ci fosse lo spazio fisico dove metterli e una volontà politica. Immaginate!
Anche se avete tutta la qualità del mondo, quali sono le probabilità di fare successo? 1 su X. Ed ecco allora perchè una squadra aiuta: una squadra serve a creare, con una scena artistica riconoscibile, una scialuppa di salvataggio per tutti. La squadra ha il suo target, e tutti lavorano per la causa, moltiplicando le possibilità di successo di ognuno dei progetti coinvolti. La percentuale di farcela rimane comunque bassa, su scala globale, ma se abbassiamo i margini ecco che la possibilità, a livello per esempio locale, o su una determinata nicchia di ascoltatori, di fare successo, si moltiplica all'infinito.
3) IL LAVORO DI SQUADRA DA CONOSCENZA
Giocando in squadra conoscerete una quantità innumerevole di addetti ai lavori, e grazie ai feedback ottenuti potrete selezionare molto più velocemente.
Noi per esempio non diamo generalmente vincoli di management alle band che firmano dischi con noi. Questo vuole dire che ognuno ha libertà totale di cercare i suoi agenti. Vi rendete conto di quanto è facile trovare i migliori parlando con altre 10, 20, 30 realtà che vogliono raggiungere il medesimo obiettivo?
Rifletteteci! Buona musica :)