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Come il Sistema inganna gli Aspiranti Artisti #2. Arte VS Mercato | Musica & Marketing.

Data di pubblicazione 28/05/2019


Come il Mercato inganna gli Artisti emergenti.
Parte #2  

(Continua dalla Parte #1) Nella prima parte di questo articolo ci siamo concentrati sul fatto che il sistema induca gli emergenti o presunti tali a cercare se stessi attraverso narrazioni già scritte. Questo non solo è il più grande ostacolo all'arte ma anche alla sua applicazione professionale/lavorativa.

Spiegando come il sistema attuale (non solo nella musica) non sia più fatto da produttori e consumatori bensì dai cosiddetti "prosumer" (dall'inglese producer + consumer) siamo arrivati a tracciare alcuni degli effetti devastanti nel mondo dell'Arte. In questa seconda parte analizzeremo invece una seconda narrazione del mercato, ancora più potente, capace di ingannare e ingabbiare chi vorrebbe fare musica o qualsiasi forma d'arte: stiamo parlando dell'eliminazione dei mediatori. Sono le mediazioni (etichette, editori, promotori, agenzie in campo musicale) che creano un prodotto funzionale al mercato, e possono farlo secondo principi artistici o meno. Ma siccome il sistema ha bisogno più di clienti che di creatori, il Sistema inganna tutti gli Aspiranti Artisti spiegandogli non solo che devono trovare se stessi, ma anche che devono farlo senza utilizzare mediazioni. In questo modo essi diventano clienti del sistema che vogliono conquistare, e il gioco è fatto!

NON AVETE BISOGNO DI MEDIAZIONI. POTETE FARCELA DA SOLI, USANDO DIRETTAMENTE LE PIATTAFORME SOCIALI E STREAMING DELLE MULTINAZIONALI

Il mercato tiene in scacco più gente possibile attraverso narrazioni molto potenti e ben collaudate. Il mercato racconta agli emergenti che "possono farcela da soli". Che non hanno bisogno di etichette discografiche per vendere musica, che non hanno bisogno di produttori per realizzarla, che non hanno bisogno di figure professionali mediate dalle stesse etichette per promuoverla, eccetera eccetera: abbiamo già scritto diversi articoli sul tema che trovate qui nella sezione Riflessioni del nostro blog.

Se il Mercato musicale fosse selezionato da mediatori come negli anni '90, esisterebbe Soundcloud? No. E Spotify sarebbe solo un negozio di dischi senza la possibilità per la tua vicina di casa bellissima di avere più followers di te che magari fai musica da vent'anni proprio su quella piattaforma nata per vendere musica. E soprattutto sarebbe un negozio di dischi di artisti che perlomeno hanno tutti un loro pubblico, artisti che svolgono lavori di una certa qualità tecnica e artistica. Ma Spotify non cerca questo, Spotify vuole investimenti e più utilizzatori possibili, perchè come insegna la televisione, più pubblico c'è e più la pubblicità viene pagata bene.

Sia chiaro che non abbiamo nulla contro Soundcloud (vale lo stesso per l'altro esempio Spotify), che è un ottimo servizio e al quale anche noi siamo iscritti: il punto è che 200 milioni di iscritti non possono essere ascoltati e valorizzati tutti: è altrettanto chiaro che quando 200 milioni di persone vogliono emergere tutte allo stesso modo per farsi vedere bisogna incominciare a spendere denaro.

E questo non l'hanno deciso le case discografiche, l'hanno deciso gli utenti nel momento in cui hanno voluto bypassarle!

Un classico per chi bypassa i mediatori è l'acquisto di visualizzazioni. Lo fanno sapendo benissimo che quella non è "la strada"...Ma pensano che comunque sia un modo facile di arrivare all'obiettivo. Non è certo l'Arte ad aver bisogno di piattaforme sulle quali caricare più persone possibili. Non è l'Arte che cerca artisti tutti simili per permettere all'utente di compilare una playlist di un certo genere musicale piuttosto che di un altro. A fare tutto questo è il sistema mercato, e lo fa in maniera esplicita attraverso gli stessi Aspiranti Artisti, che per avere più di mille ascolti sono disposti a spendere dei soldi che NON spenderebbero altrettanto volentieri per un buon mediatore capace di orientarlo con passione ed esperienza.

Che gli Aspiranti Artisti preferiscano acquistare visualizzazioni per apparire più fighi agli occhi delle corporate che hanno appena promesso di promuoverli piuttosto che acquistare servizi da persone umane che operano nel settore è cosa nota. 
Cosa meno nota è come il sistema conquisti il cuore di questi "artisti" emergenti in questo modo.

Un esempio pratico. Il motivo per cui Spotify dice agli artisti che "possono farcela da soli" è perchè in realtà hanno bisogno dei loro "amici"/followers: la band liceale o universitaria ha 40 seguaci? Forse pochi per la piccola band, ma non per Spotify, che dando alla piccola band la possibilità di entrare in gioco guadagna sono 40 utenti in più per Maneskin (un nome a caso per fare un esempio) e/o per altri progetti di punta che in quel momento magari stanno investendo una fortuna proprio con Spotify.

Il "potete farcela da soli", oppure il "non hai più bisogno di una label per vendere musica" sono dei mantra alternativi al classico anni '70 "scegli quello che ti piace, sei quello che compri" ma soprattutto sono atti a costruire un sistema complesso fatto di user e super-user ( i cosiddetti prosumer: da producer + user) e incassare così dai progetti con grandi investimenti di denaro. Fate conto che alcuni progetti major arrivano fino a due milioni di euro per un lancio discografico. Ci sono progetti che su Youtube investono anche 300 mila euro per un lancio.

Un progetto major costa 2 milioni di euro perchè deve arrivare alle persone? No, basterebbe molto meno. Costa 2 milioni perchè deve valicare il confine tra l'amatoriale e la figura di successo.

Non si arriva mai al successo da soli, ma è grazie a questo racconto che il mercato butta milioni e milioni di persone su Youtube a provarci. Lo fa perchè così poi tutta questa gente, una volta arrivata lì su Youtube, poi si cucca il fenomeno di turno a 60 milioni di visualizzazioni, di cui successivamente diventa (volontario o involontario) consumatore. Un po' per stima, un po' per invidia, un po' semplicemente perchè gli arriva il prodotto. Oltretutto: se non ci fossero milioni di rappers su Youtube che "provano" a diventare rappers, come si potrebbe dire di quello che ha successo, che "uno su mille ce la fa"?

Tutte queste domande riassumono una piccola parte del nostro lavoro discografico. Non solo per quanto riguarda il contenuto, attività che ci impone di creare un format nuovi e cuciti su misura dell'artista, ma anche per quanto riguarda il racconto, la narrazione, che nella nostra visione deve essere sempre autonomo rispetto a quel circuito chiuso entro il quale qualcun altro sta conducendo il  gioco. Specie quando non ci sono soldi grossi in ballo.

Ma questo concetto non è accettato dalla maggior parte degli Aspiranti Artisti, perchè la narrazione sovrastante è troppo potente. Può succedere che creiamo dal nulla (progetto esordiente 100%) 500 euro di royalties di streaming su un progetto sconosciuto, ma perchè un Artista arrivi a tal punto con una label l'atteggiamento è già quello del professionista, o nei migliori casi dell'Artista Vero, che in qualche modo oltre a giocare di squadra sta anche portando un nuovo messaggio, una nuova visione delle cose. A quel punto "ci devi arrivare": non tanto al successo, ma semplicemente all'aver costruito qualcosa insieme.

Nel nostro lavoro ci troviamo spesso ad avere a che fare con casi di Aspiranti Artisti che non hanno alcuna idea di come funzioni l'Arte e di come funzioni il Mercato.

Un caso molto comune è quello di coloro che presentano un progetto nella speranza di ricevere non tanto il nostro apporto professionale ma piuttosto degli anticipi discografici su possibili guadagni inesistenti, millantati o inventati di sana pianta. Recitano il mantra che il mercato gli ha imposto: "cerchiamo qualcuno che creda in noi". Se avessero ragione, nessuno crederebbe in Jovanotti o nei Coldplay o in qualsiasi altro progetto major, perchè anche solo per un singolo spendono cifre incredibili, inimmaginabili per la maggior parte di loro. Come è possibile che nell'era dei social media una persona millanti di avere un valore di mercato quando questo valore è misurabile in pochi secondi?  

Succede questo perchè la narrazione del mercato gli ha detto di cercare se stesso e poi essere indipendente, quindi molti pensano che la figura del mediatore, del realizzatore di servizi professionali, debba in realtà bastare come "investitore". Abbiamo scritto un articolo specificatamente su questo tema. Inutile spiegare come gli investitori ci siano, ma non arrivano a giochi ancora da fare. Come in qualsiasi ambiente o mondo di lavoro, l'investitore si muove a progetto e perchè ritiene di averci qualcosa da guadagnare. E l'investitore va trovato proprio con quelle mediazioni (etichette, editori, promoter etc) che l'Aspirante Artista cerca di bypassare. 

Da qui la favolosa idea di MusicRaiser. Quando le multinazionali hanno capito che una volta creato il mostro del mercato dei prosumer c'erano milioni di figure in cerca di soldi, hanno creato un intero sito che prende commissioni sulle donazioni economiche. Sono queste "donazioni" investimenti di operatori del settore? Generalmente no, sono i parenti.  

   

In poche parole, negli anni '10 del Terzo Millennio gli imprenditori di tutto il mondo si sono attrezzati con idee più o meno nobili per far diventare un potenziale mercato artigianale e artistico (quello della musica nel secolo della creatività diffusa) un mercato di massa, senza piccoli mediatori e senza l'ingombro dell'arte, sapendo benissimo di avere terreno fertile, anzi, fertilissimo. Facendo fuori le case discografiche e convincendo l'aspirante artista a diventare una specie di fan, uno user del sistema, con delle caratteristiche creative e produttive che lo rendono un perfetto prosumer, grandi aziende di tutto il Pianeta hanno pian piano costruito un sistema perfetto.

Un sistema perfetto in cui tutti gli Aspiranti Artisti sono rinchiusi ma il cui gioco è proprio quello di uscirne.

Chi è stato attento nei passaggi precedenti avrà ben chiaro che gli artisti con le 60 milioni di visualizzazioni non arrivano lì a costo zero, ma questo il mercato non te lo può dire. Se fosse chiaro, cadrebbe lo scopo. Chiaramente è possibile arrivare a fare strada senza questo tipo di investimenti ingenti, ma questo obiettivo è realizzabile solo da una piccola squadra di professionisti che ha degli ideali, dei valori, e conosce il business di riferimento. Ci vuole esperienza nel settore, tempo e intuito. Poi man mano che si sale di livello, se ci si vuol salire, ci vogliono i mediatori, e i mediatori costano. Sì, se diventi famoso puoi farti anticipare le vendite dei dischi o i guadagni dei live. Ma bisogna considerare che quello che ha 60 milioni di ascolti gode sia di talento (per musica bella o brutta che possa fare) che di intuito, sia di fama che di mediatori. Di tutti gli Aspiranti Artisti, quanti sono davvero degli Artisti? Pochissimi. Quanti sono quelli che ce la fanno? Pochissimi. Quelli che ce la fanno non sono tutti Artisti, è vero, ma si può dire lo stesso di quelli che non ce la fanno? Assolutamente sì.

E trovare Artisti Veri per raccontare una storia mai raccontata prima è il nostro lavoro.

Speriamo quindi di avervi dato con questo articolo (parte #1 / parte #2) qualche spunto, qualche chiave, qualche conoscenza, per affrontare più seriamente il complesso mondo che l'Arte si trova davanti in questi anni nei quali il mondo è cambiato drasticamente in così poco tempo. Speriamo che ora vi sentiate meno soli e che allo stesso tempo abbiate compreso quanto sacrificio ci voglia per realizzare qualcosa di bello e raccontare storie nuove.

Vai qui per ascoltare la musica di Miraloop







           

 




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